Il Decreto del Governo: meno partecipazione per cittadini ed enti locali, accentramento, sanatorie e regali alle lobby. Le proposte di
decine di associazioni e comitati per cambiarlo.
venerdì 31 marzo 2017
giovedì 30 marzo 2017
Geotermia: un convegno a Ravenna per il rilancio di una tecnologia avversata dai cittadini.
A
Ravenna il 31 Marzo un convegno sullo sfruttamento della risorsa geotermica,
intitolato: ”Risorsa Geotermica: la situazione attuale e gli sviluppi futuri”.
Organizzatore il Ministero per lo Sviluppo Economico.
Un
convegno che interviene a fare il punto sul tema e a tentare un rilancio della
geotermia, ostacolata dalle procedure “regionali” e dall'avversione crescente
delle popolazioni per una tecnologia che si è rivelata tutt'altro che pulita,
sicura e rinnovabile. Come ormai dimostrano numerosi studi.
martedì 7 marzo 2017
ORA BASTA!
A
breve verrà convocata da Conferenza dei sindaci per valutare l’ingresso di Acea
in Talete.
Un
ingresso espressamente escluso dallo statuto della Talete che, all’art. 5
recita: “In ogni caso è esclusa la possibilità di conferire azioni a soggetti diversi
dagli Enti Locali costituenti l’Autorità d’Ambito”.
Un
ingresso, inoltre, non condivisibile, come evidenzia il comitato Viterbese acqua pubblica "noi non ce beviamo",
per i motivi espressi in una diffida che ho inviato al presidente dell’Ato 1 Lazio Nord - Viterbo.
Ed
allora perché? E questa la domanda che ancora una volta i cittadini sono
costretti a porsi.
Perché
si continua a portare avanti operazioni di privatizzazione quando ormai è
emersa chiaramente, a livello mondiale, la consapevolezza che l’acqua, diritto
universale fondamentale - essenziale per
la sopravvivenza delle persone, ma anche necessario per uno sviluppo economico
equilibrato e sostenibile - non può essere soggetto alle regole di mercato,
perché trattasi di diritti non limitabili o condizionabili da una gestione di
natura privatistica e mercantile della risorsa naturale[1].
Anche
in ambito europeo è emersa chiaramente la consapevolezza dell’ordinamento
dell’Unione dell’irriducibilità dell’acqua al mercato, dell’impossibilità di
impiegare i normali canoni commerciali nella gestione di questo bene
fondamentale. Consapevolezza che risulta chiara da numerosi atti comunitari, qui
basti citare la Direttiva 2000/60/Ce in cui si afferma: “l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un
patrimonio che va protetto e difeso”.
Ed,
infatti, dalla disciplina comunitaria non proviene alcun obbligo per gli Stati
di inquadrare il servizio idrico tra i servizi pubblici di rilevanza economica.
L’unione europea lascia agli Stati la libertà di definire quali servizi
rientrino nell'interesse economico generale e possano, quindi, essere sottratti
alle regole della concorrenza e del mercato.
Sia
chiaro, quindi, che la scelta di far rientrare il servizio idrico integrato tra
i servizi di rilevanza economica e, pertanto, sottoposto alle logiche di
concorrenza e mercato, è stata una scelta politica italiana. Una scelta
politica non imposta da nessuno, e che va in netta controtendenza con la
consapevolezza e la normativa europea e internazionale!
Dunque,
la ripubblicizzazione integrale dei servizi idrici, doverosa per il rispetto
dovuto dal legislatore al responso referendario del 2011, sarebbe non solo
conforme, ma si adeguerebbe alla consapevolezza ormai diffusa nella cultura
internazionale e in quella europea[2].
Ed
usciamo anche da un altro inganno, ossia che, a causa della crisi economica, si
dovrebbe far gestire ai privati il servizio idrico, non essendo il pubblico in
grado di sostenerne il peso economico e la diretta gestione pubblica, rischiando
di non poter soddisfare neppure il diritto fondamentale ad esso inerente.
Non è
così.
Anzi, la verità è che è impossibile un risanamento del nostro fragile ed
arretrato servizio idrico senza il contributo determinante del pubblico, un
risanamento obbligato se si vuole garantire a tutti, nel massimo
dell’efficienza possibile, il diritto costituzionale al bene fondamentale
acqua.
E
lo Stato ha l’obbligo di assumere come obiettivo primario della propria azione
la tutela di questi diritti fondamentali.
È
il primato della persona sullo Stato previsto dall'art. 2 della nostra
Costituzione.
Lo
Stato deve smetterla di abdicare alle proprie responsabilità, e finalità
istituzionali, continuando a privatizzare comparti strategici per la vita dei
cittadini e della nazione. Tanto più che dalla relazione della Corte dei Conti
emerge chiaramente che, ove è arrivato a gestire il privato, non si sono avuti
investimenti significativi, non si è avuta maggiore efficienza, ma solo aumento
delle tariffe![3]
Né si può continuare ad ingannare i
cittadini dicendo che le risorse necessarie non ci sono.
Saranno
poche certo, ma non vi è chi non veda che le poche che ci sono non vengono
sempre impiegate per soddisfare i diritti fondamentali dei cittadini. Tanto
grave è la situazione che, recentemente, è dovuta intervenire anche Corte
Costituzionale (sentenza 275 del 16 dicembre 2016) a ricordare che “È la garanzia dei diritti incomprimibili ad
incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa
erogazione… soprattutto quando riguardano il nucleo incomprimibile del diritto
a prestazioni riconducibili a diritti fondamentali…”.
Ci
opponiamo, dunque, a questa continua mercificazione della vita e della dignità
dei cittadini.
Chiediamo che lo Stato si assuma le proprie responsabilità, e le
istituzioni svolgano le loro funzioni.
Basta! I beni comuni non sono una sorta di salvadanaio da saccheggiare per
contingenti esigenze di bilancio. Non li si può sminuzzare e cedere al miglior
offerente (o al peggiore), etichettando cinicamente la svendita come “necessaria
allo sviluppo”[4].
Ora
basta, fate il vostro lavoro, assumetevi le vostre responsabilità, non abdicate
a favore dei privati, che nei confronti dei cittadini queste responsabilità non
hanno.
[1] Prof.
Gaetano Azzariti, Ripubblicizzare il servizio idrico, 2015: “Può dirsi che la
consapevolezza della natura particolare del bene acqua fa ormai parte
integrante del patrimonio culturale dell’umanità intera. Non solo lo dimostra
la fondamentale risoluzione ONU del 2010 –approvata anche dall’Italia
–(richiamata nella relazione alla proposta di legge in esame), ma anche il
Clean Water Act Usa del 1972, il Water Act indiano del 1974, la Convenzione Onu
sui diritti dei bambini o Carta africana sul benessere dei bambini, la
convenzione di Ginevra nel caso dei conflitti armati. Documenti internazionali
di natura diversa, ma che evidenziano tuttila necessità di garantire
l’accesso e la disponibilità all’acqua per soddisfare bisogni sia individuali
sia collettivi incomprimibili, non limitabili o condizionabili da una gestione
di natura privatistica e mercantile della risorsa naturale”.
[2] Ibidem.
[3]
Corte dei Conti, Corte dei Conti, relazione del 10 febbraio 2010 su Obiettivi e
risultati delle operazioni di privatizzazione di partecipazioni pubbliche.
[4] Salvatore
Settis.
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