venerdì 10 febbraio 2017

MOZIONE USI CIVICI




COMUNE DI ACQUAPENDENTE

PROVINCIA DI VITERBO

Al Presidente del Consiglio



OGGETTO: Mozione ai sensi dell’art. 43, comma 3, del D. Lgs. 267/ 2000, art. 22 del vigente Regolamento del Consiglio comunale, per la valutazione della L. R. Lazio, 10 agosto 2016 n. 12, art.17 (disposizioni in materia di terreni di proprietà collettiva e riqualificazione urbanistico-ambientale. Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 1986 n. 1 “Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie” e succ. modifiche), pubblicata nel BUR Lazio, 11 agosto 2016 n. 64, suppl. 2.


La sottoscritta Solange Manfredi, Consigliere comunale della Lista Civica Acquapendente Progetto Comune,
Premesso che

  • in data 10 agosto 2016, la Regione Lazio ha approvato la legge n. 12 dal titolo “Disposizioni per la semplificazione, la competitività e lo sviluppo della regione”;  


  • in data 26 agosto 2016, l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus ha rivolto una motivata istanza al Governo nazionale perché impugnasse davanti alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzionale la legge in oggetto perché contenente disposizioni lesive delle competenze esclusive statali in materia di “tutela dell’ambiente e degli ecosistemi”, in violazione dell’art. 117, comma 2°, lettera s della Costituzione;

  •      in data 15 settembre 2016, l’Associazione per la tutela delle proprietà collettive e dei diritti di uso civico (A.PRO.DUC), nella persona del suo presidente, prof. Vincenzo Cerulli Irelli, ha presentato un esposto affinché il Governo promuovesse la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Regione Lazio 10 agosto 2016 n.12, pubbl. nel BUR Lazio 11 agosto 2016 n. 64, suppl. 2, a norma dell’art. 127 Costituzione italiana (come sost. dall’art. 8 L.cost.18 ottobre 2001 n.3: alleg. 2), nella parte in cui contrasta con la legge nazionale 16 giugno 1927 n.1766, artt. 9, 10 e 12, sul riordino degli usi civici nel Regno e artt. 25 e 33, r.d. 26 febbraio 1928 n.332 di approv. del regolamento di attuazione della citata legge 1766/1927, nonché con l’art. 66, 7° co. del d.P.R. n. 616 del 1977 sul trasferimento delle funzioni amm.ve alle Regioni a statuto ordinario, art. 1, l. 12 gennaio 1991 n. 13, Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica; e norme successive, per eccesso di competenza legislativa regionale.




Considerato che:




  • nell’esposto dell’A.PRO.DUC, il prof Vincenzo Cerulli Irelli evidenzia come l’art.17 cit. si ponga in palese contrasto con legge nazionale n. 1766/1927 per le seguenti ragioni: 


Ø  Nel sistema della legge nazionale n. 1766/1927, anche dopo il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni, (art. 66, 7° co. del d.P.R. n. 616 del 1977), la legittimazione delle occupazioni sine titulo o con titolo non valido, può aver luogo su domanda dell’occupatore (e quindi non d’ufficio), e può essere concessa col consenso dell’ente gestore per conto della comunità di abitanti proprietaria e di intesa con la regione, con atto soggetto all'approvazione del Capo dello Stato (art. 10 della legge 1766, che parla di approvazione sovrana e art. 66, 7° co. del d.P.R. n. 616 del 1977 che richiede il decreto del Presidente della Repubblica)…
La l.r. Lazio n.12/2016 all’art.17, non fa alcun riferimento al decreto di approvazione di competenza statale, per il perfezionamento del procedimento di legittimazione, e su questo punto, si pone in palese contrasto con la normativa statale in materia.


Ø  Nel sistema della legge nazionale (art. 9 della l.1766/27), i terreni agricoli abusivamente occupati possono essere legittimati su domanda dell’occupatore. La domanda è presentata all’ente gestore, che ove ritenga di poter dare il suo consenso, non essendoci i presupposti per la reintegra del terreno (quando ad es. vi sia una ragione di interesse pubblico o della comunità o particolari esigenze per la detta reintegra), trasmette gli atti alla Regione per l‘istruttoria e la stima del terreno e delle migliorie ai fini della determinazione del canone.
Nel sistema di cui alla l.r. 12/2016, art. 17, si procede invece d’ufficio ed è quindi esclusa la richiesta dell’occupatore, e non si fa alcuna menzione della necessità del consenso dell’ente gestore per conto della comunità proprietaria. Anche sotto questo aspetto, si denuncia il contrasto della norma regionale con la legge statale del 1927 n.1766.

Ø  La norma regionale è in palese e netto contrasto con l’art. 9 della legge statale n. 1766 del 1927 che si riferisce ai soli terreni agricoli di demanio civico, occupati e migliorati dall’occupatore in modo sostanziale e permanente…. Infatti, non è sufficiente una generica opera di miglioramento, ma occorre invece che l’occupante abbia posto in essere una specifica attività di trasformazione fondiaria («sostanziale» e «permanente»), in grado così elevato da far apparire contrario all’interesse pubblico il ricorso alla reintegrazione (cfr. C. Stato, sez. VI, 13-05-2002, n. 2557, giurispr. costante) e non i terreni con fabbricati e relative aree di pertinenza. Oltre a ciò, i fabbricati realizzati abusivamente, anche con caratteristiche rurali, sui terreni di demanio civico, essendo questi soggetti allo specifico regime di tutela dei beni ambientali, non possono mai essere condonati, per l’espresso disposto della legge statale finanziaria del 2003 n. 350, art.4 co.125…
Ne consegue che la legittimazione di cui alla l.r. 12 del 2016 non può riguardare le aree edificate di demanio civico e le relative strutture edilizie non condonabili. Altrimenti si porrebbe in contrasto con la legge statale in materia di condono di abusi edilizi e delle leggi ambientali in materia.

Ø  L’art. 17, L.R. al comma 11, prevede che per la legittimazione dei terreni agricoli, la base di riferimento per la determinazione del valore dei suoli - cui si rapporta il canone - è quella fissata nei valori agricoli medi (VAM), in relazione alla coltura in atto, annualmente pubblicati nel BUR, distinti per regione agraria, detratte le migliorie apportate. Il comma 12 prevede anche, in relazione alle condizioni del fondo, la possibile riduzione o aumento del canone fino al 20 per cento del valore indicato per la regione agraria...
Anche per quanto attiene il canone, è palese e della massima entità il contrasto con l’art. 10 della legge nazionale del 1927 n.1766, che stabilisce i criteri per la determinazione del canone di legittimazione. Infatti, mentre la norma regionale, per determinare il canone di legittimazione, fa riferimento ai VAM, l’art. 10 della legge del ‘27 indica espressamente il valore effettivo del fondo. La norma statale stabilisce in modo chiaro che la legittimazione ha luogo con l’imposizione diun canone di natura enfiteutica, il cui capitale corrisponda al valore del fondo stesso, diminuito di quello delle migliorie, aumentato di almeno dieci annualità di interessi…”.
Per quanto riguarda il canone di legittimazione, occorre considerare che i VAM, che sono valori astratti, del tutto avulsi dal valore effettivo dei suoli agricoli da legittimare (che è quello di mercato), di fatto sono pari alla metà del valore di mercato del terreno agricolo, ed inoltre che il VAM può subire ulteriori riduzioni nei casi di cui al comma 12 della norma regionale, e cioè per gli imprenditori agricoli professionali e per i coldiretti.
Si deve aggiungere che dal valore del terreno determinato in base al VAM, va anche detratto il valore delle migliorie, che, nel caso dei fabbricati anche rurali, può essere addirittura superiore a quello del fondo. Questo spiega come di fatto il canone di legittimazione può ridursi ad un valore irrisorio o addirittura simbolico, in netto contrasto con quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 83 del 1996 (In detta sentenza, il giudice costituzionale ha sanzionato duramente i casi in cui il corrispettivo di liquidazione dei diritti civici non sia congruo e proporzionale rispetto al valore degli stessi, e si riduca a cifre irrisorie rispetto al valore di mercato. Il giudice ha ritenuto espressamente che nel caso di terreni di demanio civico divenuti edificatori o edificati, è giusto che l’incremento di valore prodotto dall’edificatorietà del terreno vada in misura proporzionale a profitto anche della popolazione titolare dei diritti civici liquidati e quindi estinti. Il principio espresso dalla Consulta nella detta sentenza ha naturalmente valore di principio di portata generale per tutti i terreni e beni di demanio civico e non può essere comunque disatteso dal legislatore regionale).


Ø  Sull’alienazione, l’art. 17 della l. r. n. 12/2016 cit. al comma 17, introduce le modifiche indicate in grassetto all’art.8 della legge reg. 1/1986 cit. come modif. dalla l.r. 6 /2005 e succ. modif., comma 6. Tali modifiche comportano che il comma 17 cit. prevede la possibilità del consolidamento non solo per i terreni ma anche per gli immobili edificati su terreno di demanio civico e/o acquistati a titolo oneroso prima dell’accertamento demaniale. L’acquirente ha facoltà di consolidare l’acquisto a titolo oneroso e in tal caso l’ente gestore, a titolo conciliativo, con atto approvato dalla Regione, può applicare una riduzione (abbattimento) del corrispettivo fino all’80% del valore del terreno – in luogo dell’originario 45% - ulteriormente ridotto di un terzo...
Di fatto, per effetto di queste riduzioni, il corrispettivo dell’alienazione dei terreni di demanio civico, occupati ed edificati abusivamente e/o acquistati prima dell’accertamento della demanialità civica, si riduce a valori minimi, in forte contrasto con il principio già espresso in materia dalla Consulta con la sentenza n. 83 del 1996.

Ø  La conseguenza che si denuncia è il danno che deriva alla collettività proprietaria dall’applicazione dell’art. 17 cit., sia in termini di perdita del terreno e diritti civici, che di irrisorietà del canone di legittimazione o del corrispettivo di alienazione, nei casi consentiti.


Tenuto conto che

  • Tale previsione legislativa regionale non solo comporta un danno ingente alla comunità per i profili sopra ricordati ma anche un rilevante danno ambientale. Infatti, dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale: «la sovrapposizione fra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente si riflette in uno specifico interesse unitario della comunità nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di “una integrazione tra uomo e ambiente naturale”» (Corte Costituzionale, sentenza n. 46 del 1995).


  • Gli usi civici, quindi, concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano ed incidono sull’ambiente e sul paesaggio, perché contribuiscono alla salvaguardia di questi ultimi. E ciò in aderenza all’art. 9 Cost., che sancisce quale principio fondamentale quello della tutela del paesaggio, inteso come morfologia del territorio, cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007).


  • L’art. 142, del D.lgs 42 del 2004, sottopone a vincolo paesaggistico le zone gravate da usi civici – riprendendo quanto già previsto dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 – in ragione del valore paesaggistico intrinseco che le aree territoriali coperte da uso civico presentano per le loro caratteristiche morfologiche ed ubicazionali.


  • La legge Regionale 12/2016 consente operazioni di legittimazione di occupazioni abusive di terreni agricoli a uso civico senza alcuna: “tempestiva comunicazione … degli … atti modificativi dei vincoli di destinazione ai competenti organi statali, affinché lo Stato possa far valere la propria competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o l’apposizione di diversi vincoli, e affinché, in ogni caso, effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale”, come puntualmente indicato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 210 del 2014 che ha censurato disposizioni di sdemanializzazione di terreni a uso civico contenute nella legge regionale Sardegna n. 19/2013.


  • La svendita dei terreni agricoli ad uso civico inevitabilmente incide sulla classificazione degli usi civici, sottraendo alla tutela paesaggistica vaste porzioni di territorio”, non solo hanno una funzione storica importantissima -  testimoniano una gestione collettiva dei suoli e delle risorse, secondo forme strettamente legate a un sistema di valori etici e politici dove la comunità è più importante del singolo e l’uso accorto e lungimirante delle risorse ne impedisce il cieco sfruttamento – ma giocano un ruolo importante sia per valore paesaggistico, sia per quella funzione di tutela degli assetti idrogeologici, che tuttora svolgono. E questo è bene ricordarlo, insieme alla Corte Costituzionale (sent. N. 210/2014): “l’eventuale apposizione di un diverso vincolo non è in grado di assicurare una tutela equivalente, poiché in questo caso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche ambientali richiede non una disciplina meramente “passiva”, fondata su limiti e divieti, ma un intervento attivo, e cioè la cura assidua della conservazione dei caratteri che rendono il bene di interesse ambientale. Tale cura, qui affidata alla collettività invece che alle istituzioni (come accade ad esempio per le zone umide e le lagune), si concreta in particolari modalità di uso e di godimento, che garantiscono insieme la fruizione e la conservazione del bene. Vi è, dunque, una connessione inestricabile dei profili economici, sociali e ambientali, che «configurano uno dei casi in cui i principi combinati dello sviluppo della persona, della tutela del paesaggio e della funzione sociale della proprietà trovano specifica attuazione, dando origine ad una concezione di bene pubblico […] quale strumento finalizzato alla realizzazione di valori costituzionali» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 3811 del 2011, a proposito della fattispecie analoga delle “valli da pesca”).


Impegna
il Sindaco e la Giunta affinché


  •  Presentino, a tutela degli interessi del Comune, le proprie osservazioni alla Regione evidenziando le illegittimità ed incostituzionalità della norma in oggetto chiedendone la abrogazione o modifica;


  • Si oppongano ad ogni cessione di terreni ad uso civico, ex art. 17 L.R. 12/2016;


  • Si oppongano, dunque, a tutti gli effetti prodotti dall’art. 17 della Legge Regionale 12/2016, nonché a tutti gli atti successivi che la Regione emanerà in attuazione dell’art. 17 L.R. 12/2016.



Acquapendente, 28 novembre 2016



                                                                                                           Solange Manfredi





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